Ricordo di Felice Gianani

Non è facile tracciare un ricordo di Felice Gianani, stante la vastità dei suoi interessi, l’ampiezza degli orizzonti professionali, la curiosità intellettuale che ne caratterizzava l’impegno, la fervida attività che ha riempito un’esistenza intensa come poche altre.

Conviene lasciare alla personale esperienza di ciascuno ricordare, nel silenzio della propria coscienza, l’uomo che difficilmente potrà essere dimenticato da chi lo conobbe e lo apprezzò per le doti personali rare e preziose e per una capacità insolita di stabilire immediatamente con l’interlocutore una corrente di simpatia e di comunicativa.

In questa sede vanno ricordati quattro aspetti della multiforme attività di Felice Gianani, Direttore Generale dell’Associazione Bancaria Italiana per dodici anni.

In primo luogo, occorre ricordare il profondo conoscitore del settore creditizio e finanziario. Pochi come lui potevano vantare una conoscenza completa dei problemi dell’intermediazione derivante da un’osservazione delle questioni, che non prendeva in considerazione un unico punto di vista, ma sottoponeva ad approfondito esame tutto il ventaglio di prospettive possibili. La conoscenza di cose e persone – derivantegli da una naturale propensione ai contatti umani, non disgiunta da un severo e rigoroso approccio alle singole tematiche – ne facevano un punto di riferimento essenziale nel panorama della professione, oltre che una sicura fonte dì possibili soluzioni anche delle questioni più complicate e complesse.

In secondo luogo, va ricordato l’appassionato interprete delle istanze delle istituzioni creditizie. Innumerevoli sono state le circostanze nelle quali Felice Gianani si è battuto per la difesa della comunità Bancaria, non impegnandosi in battaglie di retroguardia e si mera conservazione dell’esistente, ma, al tempo stesso, non abbandonando mai il campo anche nei momenti più duri e tesi.

Trasparenza delle condizioni applicate alla clientela, adeguamento del nostro ordinamento agli ordinamenti degli altri Paesi comunitari, istituzione del Fondo interbancario di tutela dei depositi, affermazione del carattere imprenditoriale dell’attività creditizia, razionalizzazione e rafforzamento del sistema dei pagamenti e, da ultimo, crisi della Federconsorzi ed insolvenza dei Paesi terzi hanno rappresentato soltanto alcune delle tematiche che lo hanno visto protagonista di intensi dibattiti e di lucide perorazioni a favore della professione.”

Ma Felice Gianani si è segnalato all’attenzione di tutti anche e soprattutto come convinto assertore dell’esigenza di promuovere l’integrazione del nostro Paese nella comunità internazionale. Egli possedeva infatti la vocazione e il gusto a guardare oltre i confini; tutta la sua formazione e le sue esperienze indicavano in lui l’uomo dei rapporti tra i Paesi, le culture e le economie.

Felice Gianani amava profondamente l’Italia, ma il suo attaccamento non era miope né chiuso. L’esperienza internazionale di cui egli era ricco – parlava correntemente quattro lingue, oltre all’italiano – lo spingevano a rivolgere continui inviti a sprovincializzare la nostra realtà, a prendere esempio dai Paesi più progrediti per allargare esperienze, prospettive e visioni.

Un’ultima sottolineatura merita il Gianani attento portatore di valori e principi essenziali per lo sviluppo della società civile. Egli possedeva il senso delle Istituzioni, che aveva mutuato dall’educazione impartitagli dal padre, alto ufficiale dell’Esercito; giustamente attento alla forma intesa non come vuota apparenza, ma come rispettosa rappresentazione di una realtà fatta di valori e di differenziate competenze, Felice Gianani ha fatto della correttezza formale e sostanziale dei rapporti uno stile e una regola di vita.

Egli ha avuto anche la forza e la capacità di tradurre tali valori dalla sfera individuale e interpersonale a quella pubblica e collettiva, assurgendo in tal modo ad interprete rigoroso ed, al tempo stesso, finissimo della parte migliore della vita sociale, intesa come affermazione dello Stato di diritto, pacifica e ordinata convivenza, rispetto delle regole dettate nell’interesse di tutti.

Da ciò, la sua costante preoccupazione del bene comune, supportata da una singolare conoscenza dei meccanismi della Pubblica Amministrazione e da una rara capacità di coniugare il particolare con l’universale nell’ambito di un disegno strategico lungimirante e di largo respiro.